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LA SCALA DEI TURCHI. STORIA DI LEGGENDA E NATURA A PICCO SUL MARE

scala dei turchi agrigento

Un luogo di storia, di leggenda e di natura eccezionale; ed ancora, fonte d’ispirazione per letteratura e cinematografia.

Stiamo parlando della Scala dei Turchi, promontorio di marna bianca che si erge sul mare tra Punta Grande e Lido Rossello, nel territorio di Realmonte, in provincia di Agrigento.

I fondali del mare sono limpidissimi tanto che è possibile vedere attraverso le acque il movimento della flora e della fauna.

La roccia e tutto il paesaggio della Scala dei Turchi assumono invece tanti volti diversi a seconda del momento della giornata: in pieno giorno, nelle ore più calde, la roccia diventa candida ed il blu del mare risplende sotto i raggi del sole.

Durante il tramonto invece la lastra assume un colore rosso tenue mentre di notte a dominare sono i raggi di luna che si sposano col candore della marna bianca.
Denominato geologicamente e geograficamente ‘Punta Maiata’, il sito viene chiamato comunemente Scala dei Turchi, per credenza popolare secondo cui in epoche passate sarebbe stato un comodo approdo per le navi arabe che andavano a fare saccheggi sulle coste della Sicilia.

Che c’entrano i Turchi?

Il riferimento ai Turchi è in realtà generico, in quanto questo termine, nel dialetto siciliano, indica approssimativamente tutti i popoli provenienti dal Nord Africa e di religione islamica.

Inoltre la parola ‘Scalscaladeiturchi1a’, che richiama la caratteristica forma a ‘gradoni’ della roccia, è molto probabilmente un’alterazione del vocabolo di origine araba ‘Kallà‘, ossia “luogo riparato dai venti” o  ‘porto’.

Secondo la ricostruzione storica, la fondazione di Realmonte sarebbe avvenuta dopo la battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 ovvero dopo la sconfitta degli Arabi ad opera dei Cristiani e quindi dopo la riduzione delle loro incursioni.

Per questo motivo, nei secoli precedenti, la Scala sarebbe stata solamente un ‘punto d’appoggio’ per le bande di pirati. Ma non solo.

Secondo i documenti dell’epoca, furono proprio le navi del Governo siciliano a dare l’assalto ai Saraceni.”Esisteva una disposizione vicereale per la quale chi catturava un turco, ne diventava automaticamente proprietario” afferma il dott. Giovanni Gibilaro, storico e ricercatore “da cui il famoso detto siciliano: ‘cu piglia un turcu è so’ (chi riesce a catturare un turco se lo prende come schiavo) detto in occasioni in cui regna la confusione e l’anarchia per cui ognuno cerca di arrangiarsi come può”.

 

La leggenda di U Zitu e a Zita

Ma la leggenda più famosa legata al sito della Scala dei Turchi è quella di ‘U Zitu e a Zita’.

La storia racconta di due giovani, Rosalia, figlia di un ricco signore di Realmonte, e Peppe.

I due ragazzi si incontrarono un giorno, quando Rosalia tornava dalla passeggiata quotidiana, in compagnia della sua governante, e Peppe trasportava un sacco pieno di fave.

Già in quella prima occasione, i due si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra. Ma il loro amore fu subito ostacolato dal padre di Rosalia, che non voleva per la figlia un povero operaio come marito. Per questo, Rosalia e Peppe furono costretti ad incontrarsi furtivamente ed ogni volta per breve tempo.

Sconsolata per non poter vivere pienamente il proprio amore, Rosalia iniziò a non toccare più cibo e a deperire.

A quel punto il padre consultò un medico, il quale disse che la ragazza era malata di ‘malinconia’ e le ‘prescrisse’ delle lunghe passeggiate all’aria aperta. Quelle passeggiate divennero presto occasione d’incontro fra Peppe e Rosalia.

Questo però non sfuggì all’occhio attento della governante, che raccontò tutto al padre della fanciulla.

Questi decise allora di rinchiudere Rosalia in un monastero sperduto in provincia di Palermo.

Di fronte a questa terribile notizia, i due giovani giurarono di rimanere “uniti per la vita e per la morte” e, a notte fonda, si recarono sulla Punta di Monte Rossello e da lì si gettarono nel vuoto.

E proprio lì dove Rosalia e Peppe misero fine, insieme, alle loro vite, spuntarono, uno vicino all’altro, due scogli, uniti da un’esile lingua di roccia “Scogghiu do zzito e a zzita”.

E, secondo la leggenda, nelle notti di luna piena quando il mare è in bonaccia, proprio nell’anniversario della tragedia dei due giovani, vicino agli scogli si sente Rosalia cantare una melodia triste in ricordo del suo amore sfortunato per Peppe.
La Scala dei Turchi, per la sua indubbia bellezza e per l’alone di leggenda che la circonda, ha acquistato nel corso del tempo una notevole fama. Questo anche grazie ai contributi cinematografici e letterari ‘ispirati’ spesso dal sito.

L’area della Scala ha infatto ‘ospitato’ spesso sfilate di moda, incontri culturali ed altri eventi di carattere mondano.

Numerosi sono inoltre i riferimenti alla Scala dei Turchi nelle opere di Andrea Camilleri, scrittore originario proprio di Porto Empedocle, in particolar modo nelle ‘avventure’ del commissario Montalbano.

Forte è anche la presenza turistica.

Questo straordinario monumento naturale ‘attrae’ ogni estate almeno un milione di visitatori, media che è stata abbondantemente superata lo scorso anno.

Per i turisti, infatti, le ‘gradinate’ della Scala dei Turchi rappresentano dei ‘trampolini’ ideali per fare dei tuffi nell’acqua limpida.

E viste le qualità naturali e le attrattive culturali della Scala dei Turchi, l’Amministrazione comunale ha avviato la pratica per il riconoscimento della località come patrimonio dell’Unesco.

Immagini tratte dal sito www.provinciadiagrigento.com

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