In un periodo in cui sempre più si pone l’accento su architetture simbiotiche con lo spazio circostante e, soprattutto, con la natura, ci è sembrato doveroso fare un salto indietro di qualche anno e porre in evidenza l’esperienza del Parco del Golden Gate, a San Francisco, tempio del mondo hippy, l’edificio della nuova California Academy of Sciences.
L’opera, un edificio della nuova California Academy of Sciences, è stata disegnata dall’architetto Renzo Piano ed ha come maggiore attrazione la soluzione adottata per la copertura.
Si tratta di un tetto vegetale, parte integrante dell’edificio ed è il simbolo di un design innovativo, sostenibile sotto il profilo ambientale.
I diecimila metri quadrati del tetto sono costituiti da un “tappeto vivente” di piante e di fiori selvatici della California, quattro specie di tipo perenne e cinque annuali, frutto di una cernita che ha riguardato trenta graminacee in grado di sopravvivere senza utilizzo di fertilizzanti e senza irrigazione.
Complessivamente, in cinquantamila “vassoi” in fibra di cocco, sono contenute un milione e settecentomila piante.
Renzo Piano ha stravolto l’immagine di tantissimi musei di scienze naturali: luoghi spesso oscuri, algidi, che intimidiscono.
La visita è un emozione indescrivibile. In un unico edificio ci sono tutte le ricchezze della specie animale in tutto il loro incanto.
Inoltre è l’unico posto al mondo che offre anche un acquario, un planetario, un museo di storia naturale e si sviluppano all’interno di un’immensa sfera di autentica foresta tropicale.
Il museo nasce nel 1853 su un veliero che durante la bella stagione effettuava esplorazioni e ricerche.
Così era andata fino a quando non era sceso definitivamente a terra, trovando sede nel Parco del Golden Gate, che dal 1916 fino al 1991 si è articolata nella costruzione di una serie di edifici, fino ad arrivare a undici.
Nel 1989 il terremoto ha devastato San Francisco provocando danni ingenti anche all’Accademia e così è nata l’idea di ricostruire il complesso. Infine, il 27 settembre 2008 è stato inaugurato il nuovo edificio.
Gran parte dei materiali dei vecchi edifici è stato riciclato e riutilizzato dal nuovo. In questo modo è stata decisamente ridotta la quantità di materiale dismesso destinato alle discariche.
Questo accorgimento, insieme all’isolamento termico, il recupero delle acque pluviali, all’illuminazione e al riscaldamento passivo, fa del progetto un importante esempio di architettura sostenibile.
In realtà il tetto “verde” regala al parco un ‘identità originaria, primitiva, perché restituisce alla California la flora così com’era duecento anni fa, prima che i parchi fossero trasformati dall’uomo con delle piante d‘importazione.
I particolari “oblò” del tetto, metafora delle colline di San Francisco, in verità nascono da una esigenza pratica, per far posto alla “bolla” di foresta amazzonica ricreata appena sotto.
Renzo Piano ha dichiarato: “Non ho inventato nulla di nuovo. Quel tetto vivo, animato, che respira e dialoga con la natura circostante, l’ho ripreso da tradizioni antichissime delle nostre campagne, delle nostre montagne.
La massa di terra e lo strato di vegetazione sopra i tetti di notte accumula umidità, diventa un isolante termico quando arriva il sole e il calore del giorno”.
L’architetto italiano ha inoltre aggiunto: “Qui ho conosciuto gente straordinaria, ho lavorato ai confini del mio mestiere d’architetto e il mondo delle scienze naturali. Ho dovuto ascoltarli molto, osservare il loro lavoro, lasciarmi guidare dall’ambiente che mi circonda. Sono venuto qui nudo, senza preconcetti, rispettando il regno di questo parco, la storia di questi luoghi, la cultura politica di questo angolo di California così civile e avanzato”.
Un entusiasta Renzo Piano ha poi continuato dicendo: “Chi entra nell’ accademia delle scienze diventa Robison Crusoe, scopre il mondo come se fosse lui il primo abitante di questo pianeta.
Ci sono 20 milioni di specie animali e vegetali in questo museo, eppure sono appena il 5% delle specie viventi.
L’architettura deve dare forma ai nostri desideri.
È una disciplina concreta, pragmatica, ma se non sa interpretare i sogni dell’umanità, allora è destinata a fallire. Questo edificio, nella sua esilità, racconta il tema dominante del XXI secolo: la terrà è fragile, il mondo è in pericolo, l’architettura deve cimentarsi con questo problema, deve assumersi le sue responsabilità.
Questo luogo avrà tre milioni di visitatori ogni anno. Deve aiutarli a osservare la terra nelle sue pieghe più nascoste, celebrarne la fragilità”. Concludendo Piano ha affermato: “Ce l’abbiamo messa tutta davvero, ogni particolare è frutto di sforzi immensi per risparmiare energia, rispettare l’ambiente, evitare ogni inquinamento. Questo non è un omaggio superficiale o un’ideologia a una moda del momento”.
Immagine tratte dal sito www.calacademy.org
24 DICEMBRE 2016 – Riproduzione Riservata