in copertina, Giambattista Pittoni, San Matteo e l’ angelo, Chiesa della Natività di Maria a Borgo Valsugana (part.)
La grandiosa esposizione “I colori della Serenissima. Pittura Veneta del Settecento in Trentino”, curata da Laura Dal Prà, Denis Ton e Andrea Tomezzoli, che il Castello del Buonconsiglio propone dal 2 luglio al 23 ottobre, riunisce una spettacolare compagine di splendide opere, spesso capolavori, che documentano un secolo di straordinaria pittura veneta settecentesca nelle vallate trentine.
Il racconto prende il via dal secolo precedente quando, nella sua seconda metà, l’arte veneta iniziò il suo processo di “penetrazione” nel Principato Trentino, con interventi di Sebastiano Mazzoni, Johann Carl Loth e Bernardo Strozzi per chiese del territorio.
La seconda delle sette sezioni di questo affascinante percorso, si sofferma sugli anni ’30 del ‘700, anni che vedono grandi artisti veneti impegnati in fondamentali cantieri in città: Louis Dorigny, ormai ottantenne, realizza il suo capolavoro in Cattedrale, mentre Francesco Fontebasso è impegnato ad affrescare il soffitto e le lunette della Santissima Annunziata. Entrambi cicli di sublime bellezza, purtroppo dispersi o bombardati. Di essi la mostra propone i pochi lacerti superstiti accanto a disegni e bozzetti, uno dei quali eccezionalmente fatto arrivare dal Museo di Tokyo.
Dal sacro al profano
Sono stati ritrovati sul mercato antiquario e riuniti al Buonconsiglio i 5 dipinti a tema profano (storie della antichità) di Simone Brentana, opere anticonvenzionali e libere da schemi, così come lo era il loro autore.
Venezia fu città di riferimento per diverse prestigiose commissioni, decise dallo stesso Principe Vescovo o dalla nobile famiglia Giovanelli. Quest’ultima, per la “sua” Valsugana commissionò a Giambattista Pittoni opere notevoli come la pala con San Matteo per la chiesa di Borgo, dalla quale è stata tratta l’immagine dell’Angelo che funge da manifesto per la mostra. Mentre gli Asburgo chiamano Paolo Pagani a dare lustro alla chiesa dei Cappuccini a Chiusa d’Isarco.
Un capitolo importante della grande rassegna è riservato ai Guardi, giusto tributo ad una famiglia trentina: i Guardi giungono a Venezia dalla Val di Sole. Tra le loro opere in mostra, la Sacra Famiglia originariamente per la chiesa di Strigno, oggi al Museo di Toledo (Ohio) da cui torna per la mostra.
Al principe vescovo Francesco Felice Alberti d’Enno è legato lo spettacolare ciclo di diciannove tele di soggetto vetero-testamentario che Francesco Fontebasso eseguì nel 1759, destinate alla Sala Grande e alla Sala superiore del torrione del Buonconsiglio. Obiettivo della mostra non è soltanto quello di riunire le superstiti tele del ciclo ma anche i relativi modelletti, anch’essi dispersi. Il confronto tra bozzetti e opere finite consentirà sia di integrare visivamente i soggetti, sia di valutare le differenze tra fase progettuale e momento esecutivo.
Un capitolo a sé viene destinato alla presenza di artisti veronesi. Gli importanti dipinti allegorici di Antonio Balestra e Alessandro Marchesini per il Magistrato Mercantile di Bolzano, fanno da apripista a Giambettino Cignaroli, autore di notevolissime pale d’altare oltre che di raffinate opere destinate alla committenza privata. Il prestito di due superbi capolavori di Cignaroli dallo Szépmüvészeti Múzeum di Budapest, documenta il confrontarsi dell’artista veronese con tematiche eroiche dalla forte impronta morale, insieme al livello delle sue committenze, a partire da quelle di Carlo Firmian, trentino diventato ministro plenipotenziario di Maria Teresa per la Lombardia austriaca.
Con la Santissima Trinità e i santi Pietro e Paolo per Roncegno si consuma l’ultimo atto della presenza di Francesco Guardi in Trentino, nel 1775. La commissione è promossa dai Giovanelli per l’altare maggiore eretto da Tommaso Temanza. Francesco, tre anni dopo, torna in Trentino , e descrive la Valsugana in una serie suggestiva di grandi disegni, attualmente in collezioni pubbliche e private di Ginevra, e alla Morgan Library di New York. Sono autentiche poesie, intrise di profondo lirismo, per le quali basta un segno fratto di penna o una velatura trasparente di acquerello per evocare forme e atmosfere. Il viaggio attraverso la valle che conduce alla Serenissima, si conclude poi con uno straordinario dipinto rappresentante L’albero genealogico della famiglia Giovanelli, sullo sfondo di una veduta di Venezia. Ed è con quest’opera che si conclude simbolicamente questa sontuosa mostra.