Originario del Burkina Faso, è il primo architetto africano a vincere il prestigioso riconoscimento
“Sono cresciuto in un villaggio dove non c’erano scuole, ma la comunità era la tua famiglia. Tutti si prendevano cura di te, e il villaggio era il tuo parco giochi. Durante il giorno ci si preoccupava di cibo e acqua, ma si stava anche semplicemente insieme, si parlava, e si costruivano case insieme. Ricordo la stanza in cui mia nonna sedeva e ci raccontava storie davanti a una piccola luce, mentre noi ci rannicchiavamo vicini e la sua voce ci avvolgeva, invitandoci ad avvicinarci e a formare uno spazio sicuro. Questo è stato il mio primo senso dell’architettura.”
Era già riuscito a farsi notare quando era ancora solo uno studente dell’Università Tecnica di Berlino, ma oggi, dopo una lunga serie di conferme e successi, diventa il primo architetto africano a vincere il Pritzker, considerato il premio Nobel dell’architettura.
Prima ancora degli esordi, durante il periodo universitario, Kéré dimostra il suo impegno nel sociale progettando e raccogliendo i fondi per la realizzazione del suo primo edificio: la Gando Primary School, che ora sorge nel suo villaggio natale, e costruita con la collaborazione degli stessi abitanti.
È il 2004 e l’opera ottiene il plauso della critica e gli assicura il premio Aga Khan Award for Architecture.
Un anno dopo, nel 2005, Kéré fonda lo studio di architettura Kéré Architecture
https://www.kerearchitecture.com/
da cui nascono progetti in Danimarca, Germania, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, ma anche in Italia, come l’installazione temporanea del Courtyard Village a Palazzo Litta, presentata nell’ambito del Fuorisalone di Milano 2016.
È però in Africa che realizza la maggior parte delle sue opere, come il Léo Surgical Clinic and Health Centre (2014), il Centre for Health and Social Welfare (2014), il Burkina Institute of Technology (2020), o la Benga Riverside School (2018), oltre a moltissimi edifici ad uso scolastico, strutture sanitarie, edifici civili, alloggi, spazi pubblici e altre opere spesso destinate all’accoglienza e alla cura delle fasce più svantaggiate della popolazione.
L’architettura al servizio della popolazione
Al centro dei progetti di Kéré vi è infatti sempre la cura della comunità: come leggiamo nelle motivazioni della giuria che lo ha premiato, “i suoi edifici, per e con le comunità, sono direttamente di quelle comunità: nella loro realizzazione, nei loro materiali, nei loro programmi e nei loro caratteri unici.”
Essere di supporto alla società e migliorare le condizioni delle persone: è a questo che mira il suo lavoro, in special modo in aree del mondo dove c’è grande bisogno di infrastrutture facilmente accessibili e che incrementino la qualità della salute, dell’istruzione e dell’ambiente. È a questo scopo che nel 1998 fonda la Kéré Foundation,
https://www.kerefoundation.com/en
organizzazione no-profit che porta avanti progetti e raccolte fondi nel suo villaggio di origine.
Per citare Tom Pritzker, presidente della Hyatt Foundation, “attraverso edifici che dimostrano bellezza, modestia, audacia e invenzione”, Kéré affronta con ambizione la sfida di abbattere le diseguaglianze sociali. Egli “sa, dall’interno, che l’architettura non riguarda l’oggetto ma l’obiettivo; non il prodotto, ma il processo”, e col suo lavoro “fornisce una narrazione in cui l’architettura può diventare una fonte di felicità e gioia continua e duratura”.
FOTO 3
Photo by Kéré Architecture
Le opere di Kéré mettono al primo posto bisogni e necessità della popolazione.
Uniti allo studio dell’ambiente e delle condizioni climatiche: idee e progetti che scaturiscono da questo binomio di partenza rappresentano una sintesi perfetta di tradizione e modernità.
La scelta dei materiali è influenzata dal territorio e lascia trasparire un grande rispetto verso le culture locali, senza mai trascurare praticità e funzionalità.
Bellezza e praticità, in armonia col territorio.
Così potremmo riassumere il risultato del suo lavoro: afferma Kéré, commentando la sua vittoria, “spero di cambiare il paradigma, di spingere le persone a sognare e a rischiare. Non è perché sei ricco che dovresti sprecare materiale. Non è perché sei povero che non dovresti cercare di creare qualità. Tutti meritano qualità, tutti meritano lusso e tutti meritano comfort. Siamo interconnessi e le preoccupazioni per il clima, la democrazia e la scarsità sono preoccupazioni per tutti noi”.