Conto alla rovescia per l’apertura al pubblico del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS a Ferrara.
Tra poco meno di un mese aprirà i battenti il polo museale che, come il Ministro Dario Franceschini ha dichiarato “racconterà la storia lunga, straordinaria, e italiana dell’ebraismo nel nostro paese”.
Simbolico il luogo che ospiterà il museo.
Si tratta dell’ex carcere di Ferrara che, da luogo di restrizione e detenzione, diventa ambito di scambio culturale, nuovo simbolo cittadino e nazionale di luogo inclusivo.
Il progetto di restauro è stato incentrato sul recupero parziale dell’originaria struttura carceraria ed il suo adeguamento tecnico -impiantistico.
In questa prima fase la superficie destinata ad ospitare le attività museali è di circa 1200 mq a cui andranno ad aggiungersi, si spera per il 2020, altri 2.733 mq da suddividere in 5 grandi spazi espositivi.
L’idea e Il progetto del Meis di Ferrara
Il progetto di recupero, ad opera del team Studio Arco di Bologna e Studio-Scape di Roma, è iniziato nel 2011 e si inserisce in un ben più ampio Piano di Recupero urbanistico che interessa l’area della Darsena nella sua interezza e, nello specifico, dell’ex carcere di Ferrara.
Il Museo, istituito a Ferrara grazie alla legge n.91/2003, successivamente modificata dalla n.296/2006, diffonde l’idea di dialogo tra la comunità ebraica e quella civile, molto più connesse di quanto si possa immaginare.
I progettisti hanno cercato di tradurre in architettura il concetto astratto di memoria, proponendo un “incubatore dove possa prendere forma la memoria”, attraverso documenti, immagini, storie.
L’idea progettuale trova il proprio fondamento nei cinque volumi della Torah, riferimento centrale della tradizione religiosa ebraica.
Su questa falsa riga il team di progettazione ha proposto una sorta di “museo-libro” che si sviluppa in 5 edifici che, insieme alla palazzina C, costituiscono il corpo del nuovo polo museale ferrarese.
All’interno trovano spazio le varie funzioni distribuite nei singoli edifici, del tutto indipendenti le une dalle altre, al punto da rendere autonomi i vari spazi presenti.
L’architettura del Meis
Il corpo centrale accoglie allestimenti temporanei mentre gli altri quattro corpi e la palazzina C ospitano allestimenti permanenti, laboratori didattici, una biblioteca e vari spazi espositivi.
Nell’edifico in Via Rampani, a ridosso delle mura estensi, è inserito l’ingresso e le aree di ristoro con book-shop.
L’intervento proposto non è certo di tipo conservativo,
Obiettivo principale è quello di consegnare alla città di Ferrara un polo museale ben inserito nel tessuto urbano.
Questo ha richiesto un grande sforzo progettuale.
La trasformazione è stata radicale decidendo di intervenire innanzi tutto sulle mura di cinta ora facilmente penetrabili grazie all’inserimento di numerose aperture lungo l’intero perimetro.
Collocato a ridosso del ghetto ebraico ed in prossimità delle mura meridionali della città, il corpo di fabbrica non si percepisce più come luogo protetto e chiuso ma come spazio aperto, percorribile, permeabile.
Un grande parco, arricchito da vasche d’acqua, occupa l’area interna al perimetro riprendendo nel disegno i grandi giardini italiani.
Il tema del libro è molto presente, soprattutto per l’aver riprodotto sulle pareti esterne del museo, in lettere a bassorilievo, brani della Torah.
Fa da contraltare una struttura nuda, in cui scarni spazi espositivi si sviluppano, alternandosi.
Sono spazi assolutamente adattabili a diverse esigenze espositive, come fosse un teatro che accoglie di volta in volta, varie scenografie e quinte sceniche.
Le aree espositive sono illuminate da una luce naturale zenitale, una luce indiretta e distribuita attraverso l’impiego di brise-soleil fotovoltaici.
La struttura portante si compone di grandi setti che caratterizzano gli ambienti, liberandoli e rendendoli fruibili, senza ostacoli.
Gli impianti tecnologici trovano spazio al loro interno mentre l’areazione è assicurata da tagli condotti sui solai, a formare dei veri e propri camini di ventilazione, riducendo così al minimo l’uso di impianti meccanici.
Della preesistenza architettonica, costruita nel 1912 e dismessa nel 1992, si è salvata solo la Palazzina C, quella in cui era dislocato l’ingresso al carcere.
Tale scelta mette in evidenza la necessità di ristabilire degli equilibri, urbani e spaziali, che il mantenimento delle vecchie strutture non avrebbe offerto.
L’idea è quella di produrre un polo culturale, prima ancora che museale, in cui far rivivere il passato ma interpretando il presente con nuove funzioni, aiutati dalle nuove tecnologia di interfaccia, con sistemi video e sonori.
Luogo sperimentale in cui interagire con le immagini del passato prese dall’archivio multimediale del museo.
Si possono cioè sfogliare dei grandi libri elettronici, interagendo con le immagine che, se si vuole, possono essere salvate in tempo reale anche sui nostri devices.
Gli ambienti espositivi si animano anche grazie a sistemi di ultima generazione, impiegati in campo teatrale e musicale, attraverso proiezioni a schermo intero in grado di ricreare ambienti multimediali.
In questo contesto si colloca il primo evento culturale in calendario che si racconta attraverso un percorso espositivo dal titolo “Ebrei, una storia italiana:i primi mille anni”.
La mostra, a cura di Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla, offre la possibilità di conoscere le origini dell’ebraismo in Italia.
Per informazioni www.meisweb.it
Le immagini sono tratte da www.scape.it
©Riproduzione Riservata
vedi anche