Il sarcasmo di Nicolai Ouroussoff, noto critico di architettura, colpì, e non poco, quanti lessero tra le pagine del New York Times che, raggiungere l’ultimo piano della Torre di Montparnasse, rappresentasse una delle maggiori esperienze entusiasmanti che si potessero condurre a Parigi in quanto “unico posto da cui non la vedi”.
Da queste premesse e dai tanti epiteti inflitti alla Torre, dal 1973, anno dell’inaugurazione, ad oggi, si capisce quanto il popolo parigino e non solo, non avesse apprezzato il mega grattacielo american-style.
Un edificio fuori dal contesto urbanistico, male inserito tra le armoniche architetture di fine Ottocento e i regolari boulevards ricchi di vegetazione.
Una struttura costruita con troppo amianto, percepita come cupa e pesante.
E’ questa l’accusa che si leva nei confronti dei progettisti che diedero vita all’enorme torre nera.
Tanto alta da essere riconoscibile da ogni punto di Parigi.
Tanto alta da essere, fino al 2011, con i suoi 210 metri di altezza, la costruzione più elevata di tutta la Francia.
Sulla scia di tanto malessere si è deciso di bandire un concorso per la progettazione per un restyling che coinvolgesse l’intero grattacielo.
Nel mese di settembre l’appalto per la progettazione è stato aggiudicato da Nouvelle AOM, un gruppo di architetti francesi costituitosi, ad hoc, nella ‘Nuova agenzia per l’operazione Maine-Montparnasse’.
In sette anni, a detta del team di progettisti, l’immagine della torre sarà irriconoscibile, trasformata radicalmente in nome della sostenibilità ambientale ed architettonica.
Al momento la cifra stimata per la realizzazione dei lavori è pari a circa 300 milioni di euro, stanziati interamente dai co-proprietari della torre.
Primo passaggio fondamentale è la bonifica dall’amianto.
A seguire una serie di interventi necessari per rendere la torre a bassa emissività, grazie all’impiego di facciate performanti, ad alto risparmio energetico.
Parigi inizia, così, le grandi manovre per apparire in gran forma alle Olimpiadi del 2024, anno in cui anche la “nuova” torre dovrebbe essere ultimata.
Il filo conduttore è la sostenibilità ed è per questo che il progetto, oltre a superfici più trasparenti in sostituzione delle attuali vetrate scure, prevede la realizzazione di ampie terrazze, ricche di vegetazione, annesse agli appartamenti presenti fino al 13° piano della torre.
A cesura tra il residenziale ed il terziario, insediato dal 14º piano in poi, è stata prevista la costruzione di un grande giardino pensile.
A coronamento della struttura, collocata all’ultimo piano di copertura, rialzato per l’occasione di circa diciotto metri, sarà inserito un sistema di pannelli fotovoltaici ed una serra bioclimatica, struttura che riunisce in sé biocompatibilità e comfort e al cui livello troverà collocazione anche un hotel.
Queste le premesse per assistere ad una profonda trasformazione del grattacielo parigino all’interno del quale troveranno collocazione diverse attività e funzioni immerse nel verde.
L’esempio di Milano con il suo “Bosco Verticale” ad opera dell’Arch. Boeri, intervento pluripremiato a livello internazionale, sta condizionando ormai le scelte progettuali su larga scala.
Alla base di una simile progettazione però, vi sono notevoli capacità progettuali “futuribili”, poiché il verde, le piante e gli alberi, sono elementi viventi e, per questo, in continua crescita e trasformazione.
Le strutture architettoniche, pertanto, devono garantire una resistenza alle molteplici variazioni che andranno a subire nel corso degli anni.
L’opera architettonica vive e si trasforma seguendo l’andamento naturale delle piantumazioni.
Puntare sul verde sembra ormai una scelta obbligata per garantire un maggior inserimento di una struttura all’interno del proprio spazio urbano e, soprattutto, per incontrare il consenso della collettività.
Anche quando le immagini dei renders di progetto appaiano, agli occhi di una nutrita fetta di opinione pubblica, rappresentativi non di un’opera architettonica ma di un confusionario cesto di verdura.
04 Novembre 2017 – riproduzione riservata