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ART DECO’, ANNI RUGGENTI IN ITALIA

“Art Decò, anni ruggenti in Italia” è una grande e irripetibile occasione per apprezzare da vicino, carpendone l’essenza, un movimento artistico unico nel suo genere.

Le numerose testimonianze esposte, infatti, offrono lo spunto per riflettere su come, negli Anni Venti, all’indomani della Esposizione Universale di Parigi del 1925, dedicata alle Arts Decoratifs, nuove forme si fanno messaggere di profondi cambiamenti sociali e politici.

Il periodo di sviluppo di questa nuova corrente artistica è, come spesso accade in questi casi, molto ristretto.

Gio Ponti, Vaso Fabrizia, 1925, maiolica. Cerro di Laveno, collezione privata

Ma sicuramente sufficiente a determinarne il grande apprezzamento e successo di pubblico.

La mostra ci porta ad un periodo di apparente ripresa economica e sociale, quello cioè collocato temporalmente tra la prima guerra mondiale e la crisi economica del ’29.

Assistiamo ad un’esplosione di colori, lusso, decori che testimoniano l’ascesa della borghesia e la stretta connessione, propria di quel tempo, tra sfarzo e piacere.

Gli anni Venti, dunque, protagonisti di uno spaccato di storia italiana, incentrata su immagini,oggetti, rappresentazioni iconografiche, tecnologia e tutto quanto lasci traccia di quel periodo fecondo.

Libero Andreotti, Coppia di levrieri, 1914-1927, bronzo. Firenze, collezione privata

La mostra, allestita presso i Musei di San Domenico a Forlì, sarà visitabile fino al 18 giugno riuscendo a far assaporare al visitatore tutto il fervore culturale che si respirava all’epoca.

L’entusiasmo per la vita, quel senso di rinascita, si ritrova negli arredi, nelle splendide ceramiche, nei tessuti ricchi e filigranati, negli stucchi e nei bronzi, negli argenti e nei metalli in genere.

Alla base la ricerca vitale tipica delle avanguardie che muove i suoi passi per dare soluzioni razionali, avvalendosi di ingranaggi geometrici e funzionali, di forme spigolose a cui ridurre i tratti morbidi di figure umane, di architetture prismatiche quasi smembrate illuminate da luci artefatte, emblema della città contemporanea.

Prestigiose sono le firme degli artisti presenti.

Si va dagli impianti di illuminazione di Zecchin, di Venini e della Fontana Arte di Pietro Chiesa, alle meravigliose ceramiche di Gio Ponti e Guido Andlovitz, per passare poi alle sculture di Adolfo Wildt, Arturo Martini e Libero Andreotti, o alle fantastiche sculture di Sirio Tofanari.

Ma anche le oreficierie dal gusto bizantino di Ravasco, i preziosi arredi di Buzzi, di Ponti e Portaluppi, ai tessuti impalpabili delle sete preziose di Ravasi, Ratti e Fortuny ai moderni figurini di Thayath per Madeleine Vionnet, come agli arazzi in panno di Depero.

Tutti artisti che si sono fatti portavoce di un clamoroso cambiamento epocale, nato dallo ceneri del Liberty ma incline ad un concetto più moderno di design, in cui ogni oggetto trova spazio nel quotidiano e non solo nel superfluo.

 

Gio Ponti, Casa degli Efebi, 1925, maiolica. Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Docci

 

In copertina Erté, Testa di manichino per Pierre Imans in “La Reine de Saba”, 1925, tempera su carta. Fontanellato (Parma), Collezione Franco Maria Ricci, Labirinto della Masone

11 Marzo 2017  –  Riproduzione Riservata

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